I sabotiers
La storia dei sabotiers di Ayas nasce nelle lunghe giornate invernali, quando nessun lavoro nei campi era possibile e il bestiame restava nelle stalle, protetto dal gelo e dalla neve.
Gli uomini, durante i mesi in cui la Dama Bianca regnava incontrastata, si dedicavano all’arte di produrre sabots.
All’inizio la produzione serviva a rispondere alle necessità dei famigliari e dei compaesani. I prodotti di avanzo venivano venduti a primavera nei paesi vicini.
La necessità di permettere alla propria famiglia di affrontare i lunghi inverni con scorte ridotte in modo dignitoso, spinse gli uomini di Ayas a partire per le campagne della Valle d’Aosta e del Piemonte.
Iniziarono così a fare e vendere sabots ad altre popolazioni in regioni ricche di legno, cosa che permise di non sfruttare ulteriormente le foreste della Valle.
Questa attività andava ad integrare la produzione estiva, andando a migliorare piano piano le condizioni di vita della popolazione.
L’arte dei sabotiers è un misto di forza, dedizione, poesia ed estetica.
Produrre un sabot richiede grande attenzione e molta forza. Si utilizzano lame e strumenti affilati per lavorare un legno verde, compatto e duro.
Bisogna creare una forma armoniosa e funzionale che risponda a criteri estetici condivisi da tutta la comunità ma che abbia una caratterizzazione personale data dal tocco del sabotier.
La cooperativa
Nel 2008 la volontà di un gruppo di giovani di recuperare la tradizione dei sabotiers porta alla fondazione della società cooperativa “Li Tsacolé d’Ayas”.
La cooperativa si propone la promozione di un prodotto tipico di grande valore, la sua produzione e vendita e la trasmissione alle nuove generazioni delle loro conoscenze del mestiere di sabotiers.
Il loro desiderio che questa arte non vada persa li spinge a partecipare a diverse manifestazioni, occasioni di scambio e arricchimento. Potrete trovare i “Tsacolé” alla Foire de Saint-Ours, alla Fiera di Donnas, alla Foire d’été, all’Ayaswelcomessummer, alla fiera internazionale “Artigiano in fiera” di Milano, alla festa medievale di Saillon in Svizzera.
I sabots
I sabots, o tsoque ad Ayas, sono calzature della tradizione europea, modellate da un artigiano a partire da un pezzo di legno grezzo. In ogni Paese è possibile trovare modelli diversi per scelta del legno, modello, tecniche di realizzazione. Una cosa è comune a tutti: il sabotiers lavora su ordinazione e crea la sua opera su misura e struttura del piede del cliente.
Nonostante siano fatti in legno, un materiale duro che non si adatta o cede come il cuoio o le fibre sintetiche, si rivela essere una calzatura estremamente confortevole e pratica. Proteggono i piedi dal freddo, dall’acqua e dall’umidità anche nei rigidi inverni alpini.
Il legno utilizzato per realizzare i sabot di Ayas è il legno di pino cembro, o aroula: si tratta di un legname facilmente reperibile in Valle, facile da lavorare, impermeabile, leggero e resistente alle sollecitazioni dovute all’essicazione e all’utilizzo.
La forma del sabot di Ayas è tipica e unica: un tacco alto che solleva il piede di parecchi centimetri da terra, una forma slanciata con suola arrotondata che risale verso la punta, un interno rifinito in modo molto accurato nel rispetto delle forme e dei movimenti del piede.
La grande particolarità dei sabots realizzati ad Ayas sta nelle tre coudeure, particolari tagli del legno che percorrono il sabot nella sua lunghezza fino a chiudersi sulla punta e sul tallone.
I sabotiers d’Ayas hanno sviluppato la loro ricerca estetica fino ad arrivare a produrre il sabot da donna, dalla forma più affusolata e delicata, con un tacco leggermente più alto e più arrotondato sui fianchi, come anche l’imboccatura.
Le calze di lana
Di pari passo con la tradizione maschile dei sabotiers si è sviluppata l’arte femminile delle tricoteuse.
Le donne della Valle realizzano rigorosamente a mano e solo con lana dal filato soffice e resistente la “Tchatsa d’Ayas”.
La “tschatsa” viene decorata con svariati motivi, diversi per uomini e donne, tramandati di madre in figlia, orgogliosamente portati da tutti i valligiani.
Le donne portavano una gonna leggermente più corta di quanto consentito per scoprire la caviglia e mettere in mostra l’elaborata calza, mentre gli uomini portavano il pantalone appena sotto al ginocchio, lasciando vedere la calza in quasi tutta la sua lunghezza.
Sabotiers e tricoteuse, tsoque e tschatsa, due tradizioni ricche di poesia da scoprire e conoscere.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!